Nella Legge di Bilancio 2024 ci saranno le risorse per approvare la prima parte della riforma fiscale, con la quale verranno riviste aliquote e scaglioni Irpef con vantaggi per tutti i militari.
Più volte noi di ASPMI abbiamo lamentato il fatto che gli interventi mirati alla riduzione del cuneo fiscale (la differenza che c’è tra lo stipendio lordo e il netto) fossero riservati alle fasce di reddito più basse, escludendo di fatto gran parte del personale delle Forze Armate. Ne è la dimostrazione, ad esempio, lo sgravio che riduce l’aliquota contributiva a carico del dipendente del 6% o 7% (a seconda dello stipendio percepito), il quale si applica esclusivamente sulle buste paga d’importo lordo fino a 2.692 euro, soglia superata dalla maggior parte dei militari dell’Esercito Italiano.
Tuttavia, non bisogna commettere l’errore di pensare che lo stesso varrà per la riforma dell’Irpef: per quanto le ultime notizie ci dicano che l’intenzione del Governo Meloni è di concentrarsi sulla fascia di reddito compresa tra i 15 mila e i 28 mila euro, a beneficiare dei vantaggi dell’operazione saranno tutti i militari, i quali godranno del massimo importo generato dall’accorpamento di primo e secondo scaglione.
Come cambia l’Irpef con la riforma
Come prima cosa è bene ricordare che l’Irpef è un’imposta progressiva per scaglioni, poiché non si applica in misura unica e fissa sui redditi posseduti: il reddito imponibile viene infatti suddiviso in più scaglioni, a ognuno dei quali si applica un’aliquota d’imposta via via crescente. Prendiamo come esempio uno stipendio di 40 mila euro: i primi 15 mila vengono tassati al 23%, i successivi 13 mila (fino a 28 mila) al 25% e i restanti 12 mila al 35%. Facendo qualche rapido calcolo ne risulta quindi un’imposta di 10.900 euro (al netto delle detrazioni).
L’intenzione del Governo per il 2024 sembra essere quella di accorpare il primo e il secondo scaglione di reddito, fissando un’aliquota del 23% per i primi 28 mila euro di reddito. Nella fascia compresa tra 28 mila e 50 mila euro resterebbe invece un’aliquota del 35% che sale al 43% per la parte di reddito che supera i 50 mila euro.
Di fatto, vi è un risparmio del 2% per la parte di reddito compreso tra i 15 mila e i 28 mila euro: considerando 13 mila euro con risparmio del 2%, ne risulterà quindi un vantaggio di massimo 260 euro l’anno (cifra che spetta anche a chi supera la soglia dei 28 mila euro).
Riprendiamo l’esempio di cui sopra, con uno stipendio di 40 mila euro: sui primi 28 mila euro l’imposta dovuta sarebbe pari al 23%, quindi 6.440 euro, a cui si aggiunge il 35% per i successivi 12 mila euro con un’imposta di 4.200 euro. In totale 10.640 euro, al netto delle detrazioni, appunto 260 euro in meno di quanto si versa oggi.
Il vantaggio è minimo, serve fare di più
Con questo non significa che come ASPMI possiamo ritenerci soddisfatti di un tale intervento. Anzi, proprio il fatto che si tratta di un importo molto basso, appena 260 euro in più l’anno in busta paga, dovrebbe far capire al Governo che la riforma fiscale da sola non basta a compensare il personale dell’Esercito Italiano della perdita d’acquisto della retribuzione dovuta all’inflazione.
Considerando anche che dei vantaggi dello sgravio contributivo ne beneficerà solamente una piccola parte di personale, confidiamo che in Legge di Bilancio 2024 ci saranno maggiori risorse riservate al personale dell’Esercito Italiano, uno stanziamento cospicuo per fare in modo che gli stipendi possano essere adeguati il prima possibile al costo della vita.