Come noto ai più, nonostante i Governi che si sono susseguiti in questi anni abbiano provato a prevedere una qualche forma di pensione complementare riservata alle Forze Armate e di Polizia, a oggi non sono stati fatti passi avanti significativi in tale direzione.
E neppure il Governo Meloni sembra abbia bocciato questo progetto.
Il fallimento del fondo per la pensione complementare di Forze Armate e Polizia
Lo dimostra il fatto che il fondo pensione complementare di natura associativa riservato al comparto Sicurezza e Difesa risulta ancora bloccato per mancanza di risorse.
D’altronde sembra non esserci la volontà politica nell’andare avanti con un progetto sul quale noi di ASPMI abbiamo più volto posto dei dubbi per quanto invece ci siano sigle sindacali che lo sostengono: lo dimostra il fatto che gli emendamenti presentati alla legge di Bilancio 2024 al fine di stanziare le risorse necessarie per far partire al più presto le iscrizioni al fondo non hanno ottenuto il via libera.
Possiamo quindi spingerci nel dire che il progetto relativo alla previdenza complementare per i comparti Difesa e Sicurezza sia fallito già prima di iniziare. Ma d’altronde le avvisaglie c’erano tutte, a partire dall’impossibilità per il personale di contribuire con il TFS al finanziamento del fondo (in quanto bisognerebbe passare al meno conveniente TFR).
Previdenza dedicata, l’unica soluzione possibile
Questo stop impone delle nuove riflessioni al fine di individuare al più presto delle forme integrative riservate alle Forze Armate e di Polizia, utili per assicurare al personale una pensione adeguata.
A tal proposito, come ASPMI riteniamo che l’unica soluzione possibile sia quella di abbandonare il progetto della pensione complementare per passare a quella dedicata, evitando così di “rinunciare” al TFS e scongiurando il rischio di introdurre una previdenza integrativa che rischia di pregiudicare sul piano quantitativo tanto la liquidazione quanto la pensione stessa.
No al passaggio da TFS a TFR
Una pensione dedicata che tenga conto della specificità delle Forze Armate e di Polizia, mantenendo il diritto al TFS che rispetto al TFR è molto più conveniente in quanto:
- la tassazione non tiene conto degli scaglioni di reddito;
- vi è la possibilità del riscatto del quinto con il recupero in sede fiscale di quanto versato;
- aumento del 15% (i 6 scatti del 2,5%) in caso di raggiungimento della pensione di vecchiaia e in caso di riforma dal servizio;
- arrotondamento per i 6 mesi e 1 giorno di servizio a un anno intero per quanto riguarda il rateo del TFS.
Mantenere il diritto al TFS è fondamentale al fine di evitare che uomini e donne impiegati nelle Forze Armate vengano svantaggiati come già fatto in passato. Va comunque detto che il Governo Meloni si sta dimostrando particolarmente attento alla tematica previdenziale: ricordiamo che con la legge di Bilancio 2024 vengono incrementati i coefficienti di trasformazione del montante contributivo garantendo un calcolo più favorevole dell’assegno.
Lavoriamo in direzione della previdenza dedicata e garantiamo la specificità
Un primo passo in direzione di una riforma della previdenza integrativa del comparto Difesa e Sicurezza, quindi, è già stato fatto: adesso manca l’ultimo e il più importante, ossia abbandonare del tutto il progetto della pensione complementare e iniziare a confrontarsi con le Associazioni professionali a carattere sindacale tra militari su come arrivare a una previdenza dedicata che possa valorizzare il TFS e assicurare una pensione adeguata al costo della vita.