Come ASPMI, desideriamo innanzitutto esprimere la nostra soddisfazione per le modifiche apportate dallo Stato Maggiore dell’Esercito nella nuova circolare sui trasferimenti a istanza di parte per l’anno 2025.
Abbiamo avuto modo di apprezzare in particolare il ripristino della procedura di avvicendamento reciproco, la revisione delle decurtazioni di punteggio per assenze dovute a infermità, malattia o sanzioni di stato, e l’adeguamento dei vincoli di impiego in relazione agli EDRC di appartenenza.
Questi interventi rappresentano, a nostro avviso, un chiaro segnale dell’attenzione verso il personale e della volontà di recepire le istanze provenienti dalle Associazioni professionali a carattere sindacale tra militari. Il fatto che alcune delle nostre proposte siano state accolte dimostra come il lavoro delle Associazioni, se svolto con competenza e spirito costruttivo, possa incidere positivamente anche su ambiti delicati come questo.
Ma non ci fermiamo. Sebbene le modifiche apportate siano state significative, riteniamo che vi siano ancora margini di miglioramento. Per questo motivo, abbiamo inviato allo Stato Maggiore un documento dettagliato con alcune proposte integrative, nella speranza di avviare al più presto un confronto costruttivo. Il nostro obiettivo resta quello di contribuire a una procedura sempre più equa, trasparente e aderente alle reali esigenze del personale.
Trasferimenti, quali sono le modifiche richieste da ASPMI
Attualmente, non possono presentare istanza di trasferimento gli Ufficiali, Sottufficiali e Graduati che non abbiano maturato tre anni di permanenza effettiva nella sede di prima assegnazione o due anni dall’ultimo trasferimento. Questa regola, seppur finalizzata a garantire stabilità nei reparti, si traduce in una penalizzazione per il personale temporaneamente assegnato in forza a un ente, in base a normative speciali, prima del completamento del periodo minimo di permanenza previsto. Questi militari, pur prestando servizio attivo, non possono concorrere alla mobilità né possono veder bandita la posizione organica presso l’ente che li impiega. La nostra proposta è semplice: computare anche i periodi di temporanea assegnazione ai fini del calcolo del requisito di permanenza.
A questo si aggiunge la situazione di coloro che, pur avendo ricevuto il decreto di immissione in ruolo, iniziano il servizio effettivo solo dopo un considerevole lasso di tempo. In questi casi, l’attesa per poter presentare istanza può arrivare fino a quattro anni. Riteniamo giusto che si consideri anche il periodo intercorrente tra la data del decreto e la decorrenza del provvedimento di trasferimento.
Un altro nodo critico riguarda il personale che ha ricevuto un giudizio medico-legale di non idoneità parziale o all’incarico posseduto, e che si trova in attesa di una nuova collocazione a seguito della valutazione di un’apposita commissione. In queste situazioni, la normativa attuale impedisce la presentazione dell’istanza di trasferimento per ulteriori due anni anche dopo l’assegnazione del nuovo incarico. Si tratta di una misura eccessivamente penalizzante, soprattutto considerando che l’attribuzione del nuovo incarico può richiedere oltre un anno. Abbiamo pertanto suggerito di consentire la presentazione della domanda già nell’anno in cui viene formalizzato il nuovo impiego.
In merito alle posizioni organiche per operatore, elaboratore elettronico, conduttore e sorvegliante di cantiere, è stato innalzato il limite di età per concorrere. Questo cambiamento si è rivelato ulteriormente penalizzante per il personale impiegato in reparti con incarichi specifici non previsti nelle tabelle ordinative di altre unità. Per questo riteniamo opportuno ripristinare il limite anagrafico precedente, fissato a 40 anni, come previsto nella procedura del 2024.
Un’altra criticità è rappresentata dalla modalità di assegnazione di un punteggio aggiuntivo per le PEFO, che attualmente viene calcolato a ritroso nei tre anni precedenti. Questo sistema penalizza il personale che, per vari motivi, non è stato sottoposto a prove di efficienza operativa. Chiediamo quindi una revisione del meccanismo, con una decurtazione del punteggio nei casi in cui le prove non siano state sostenute o superate.
Oggi inoltre la normativa prevede una decurtazione di 60 punti nei primi cinque anni e di 30 punti per i successivi cinque in caso di sanzioni di Stato. Tuttavia, ai sensi dell’articolo 179 del Codice Penale, i soggetti riabilitati riacquistano le facoltà giuridiche perse con la condanna. Di fatto, il militare che rientra in servizio, se idoneo alla SMI, non viene esonerato da alcun incarico, pur subendo per dieci anni le conseguenze di una pena già scontata. Per questo proponiamo che la decurtazione venga azzerata trascorsi cinque anni dalla sanzione, in un’ottica di equità e piena reintegrazione.
Infine, ci preme segnalare la scarsa aderenza del punteggio incrementale basato sulla distanza chilometrica alle reali condizioni di impiego. In particolare, chi è assegnato in via temporanea secondo normative speciali – come la legge 104/1992 o l’art. 42-bis del D.Lgs. 151/2001 – vede il punteggio calcolato sulla sede temporanea, non su quella di effettiva appartenenza. Inoltre, non si tiene conto della qualità dei collegamenti o delle difficoltà oggettive legate a determinate sedi di servizio. Riteniamo opportuno quindi introdurre un punteggio incrementale per ogni anno di servizio prestato in sedi definite “disagiate”.
Una proposta per il futuro
Infine, nell’ambito del processo di innovazione in corso nella Forza Armata, abbiamo suggerito allo SME di considerare la possibilità di rendere continuativa, durante tutto l’anno solare, la ricerca di personale presso i Reparti, superando l’attuale modello che le concentra in un’unica circolare. Un tale approccio potrebbe offrire maggiore flessibilità, rispondendo in modo più tempestivo alle necessità del personale e delle strutture operative.