Apprendiamo da Repubblica che nei prossimi giorni il Ministro della Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, si incontrerà con il Ministro dell’Economia e delle Finanze, Giancarlo Giorgetti, per discutere delle risorse da stanziare nella Legge di Bilancio 2024 in favore del rinnovo del contratto, triennio 2022-2024, dei dipendenti pubblici.
Nel confronto verrà chiarito quante risorse potranno essere a disposizione per il rinnovo, con il Ministro Zangrillo che sembra aver individuato nella cifra di 8 miliardi di euro il tesoretto necessario per poter raggiungere un accordo con i sindacati.
Cifra che secondo noi di ASPMI, così come per gli altri sindacati rappresentativi del comparto pubblico, sarà appena sufficiente per riconoscere uno stipendio adeguato all’aumento del costo della vita registrato in questi anni e per questo motivo non siamo disposti ad accettare giochi al ribasso. Anzi, semmai ci aspettiamo un rialzo visto che dopo anni in cui è stata fatta cassa sui dipendenti pubblici è arrivato il momento di riconoscere, in particolare a chi come il personale delle Forze Armate si è distinto per impegno e dedizione, un’adeguata valorizzazione economica che tenga conto della specificità del corpo militare.
Non è colpa delle Forze Armate se negli ultimi anni non sono state stanziate risorse per il rinnovo del contratto
Eppure sembra che 8 miliardi di euro rappresenti una cifra inverosimile visto che il Governo Meloni potrebbe disporre di molto meno. Come spiegato dal presidente dell’Aran, Antonio Naddeo, per arrivare a un accordo per il rinnovo di contratto nel triennio 2019-2021 sono stati necessari gli stanziamenti in “quattro Leggi di Bilancio”.
Non capiamo questo mettere le mani avanti: non è di certo colpa del personale se nelle precedenti manovre è stato deciso di stanziare le risorse per altri interventi. Anzi semmai dovrebbe essere proprio questa la ragione per cui nella prossima Legge di Bilancio bisognerà dedicare il giusto spazio alla contrattazione.
Nel 2023 è stata data priorità ad altre misure, come al taglio del cuneo fiscale che rivolgendosi agli stipendi inferiori a 2.692 euro ha escluso molti lavoratori delle Forze Armate e di Polizia. Vero che nel frattempo c’è stato un incremento dell’1,5% dello stipendio tabellare per i dipendenti pubblici, ma di quell’aumento – una volta sottratte imposte e contributi – ne è rimasto ben poco, sicuramente non quanto è andato perso di potere d’acquisto con una rivalutazione che solamente l’anno scorso ha raggiunto una media dell’8,1%.
Il 2024, con tutte le difficoltà del caso, dovrebbe essere l’anno in cui il Governo Meloni darà prova dell’interesse nei confronti del personale in divisa: i sindacati delle Forze Armate, che per la prima volta potranno confrontarsi direttamente con l’Esecutivo per trattare l’aumento di stipendio, faranno di tutto per ricordargli le promesse fatte in passato.
L’importanza della valorizzazione economica del personale in divisa
Un Governo che punta alla sicurezza nelle strade non potrà prescindere dall’Esercito italiano che già con l’Operazione Strade Sicure ha dato prova della propria importanza. Ma non basta chiedere e fare affidamento sulla dedizione del personale in divisa che indipendentemente dal trattamento riconosciuto non fa mai mancare il proprio supporto: serve stanziare le risorse affinché questi possano essere messi nella condizione di lavorare senza rischiare la propria incolumità, ammodernando equipaggiamenti e divise, oltre a riconoscere loro un aumento di stipendio che sia adeguato con i tempi, tenendo conto dell’inflazione registrata in questi ultimi anni.
Come ASPMI non accetteremo rinnovi di contratto con cifre irrisorie, né tantomeno giustificazioni che poco hanno a che fare con noi: per il triennio 2022-2024, caratterizzato da una svalutazione delle retribuzioni senza precedenti, serve uno sforzo se non si vuole rischiare di avere lavoratori di serie A, che godranno di sgravi contributivi e dei tagli dell’Irpef conseguenti alla riforma fiscale, e di serie B che invece, pur non guadagnano cifre elevate, dovranno accontentarsi delle briciole.