La Corte Costituzionale con sentenza n. 130 del 23/06/2023 ha stabilito che il differimento del Trattamento di fine servizio (TFS), rivolto ai dipendenti pubblici cessati dall’impiego per anzianità o per raggiunti limiti di età, contrasta con il “principio costituzionale della giusta retribuzione” che si concretizza sia nella congruità dell’ammontare che nella tempestività della sua erogazione.
La Consulta chiude quindi il cerchio sul giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 12, co. 7 del D.L. 31/05/2010, n. 78 (misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica) convertito con modificazioni nella legge 30 luglio 2010, n. 122, promosso dal T.A.R del Lazio con ordinanza n. 06223 del 17/05/2022.
La norma, oggetto della controversia, è stata introdotta dai governi pro-tempore per il contenimento della spesa nel rispetto degli obiettivi della finanza pubblica, il quale prevede, per i soggetti che maturano i requisiti per il pensionamento, il dilazionamento del TFS in base all’importo dovuto:
- in un unico importo annuale se l’ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è complessivamente pari o inferiore a 50.000 euro;
- in due importi annuali se l’ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è complessivamente superiore a 50.000 euro ma inferiore a 100.000 euro. In tal caso il primo importo annuale è pari a 50.000 euro e il secondo importo annuale è pari all’ammontare residuo;
- in tre importi annuali se l’ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è complessivamente uguale o superiore a 100.000 euro, in tal caso il primo importo annuale è pari a 50.000 euro, il secondo importo annuale è pari a 50.000 euro e il terzo importo annuale è pari all’ammontare residuo.
Entrando nel dettaglio della decisione, i giudici della Corte hanno preferito non esprimersi in una decisione di merito, che avrebbe potuto innescare innumerevoli ricorsi, sentenziando l’importanza che il TFS avrebbe nei confronti del lavoratore in un momento particolare e più vulnerabile dell’esistenza umana. Per cui ha invitato il legislatore a rimuovere gradualmente il differimento, tenendo conto dell’impatto finanziario che il superamento del differimento comporterebbe, mediante interventi riformatori che tengano comunque conto anche degli impegni assunti nell’ambito delle precedenti programmazioni economico-finanziarie.
I giudici Costituzionali, infatti, già con la sentenza n 159 del 2019 avevano rivolto al legislatore un monito con la quale segnalava la problematicità riferita alle norme di rateizzazione del TFS, concludendo che tale normativa, connessa a quel momento storico ad esigenze contingenti di consolidamento dei conti pubblici, combinata con il differimento della prestazione, finirebbe per aggravare il “rilevato vulnus” (danno).
Per le motivazioni addotte, questa sigla sindacale chiede che il Governo intervenga con urgenza e ponga fine a questa palese ingiustizia e disparità di trattamento dei lavoratori pubblici, compresi quelli del comparto Difesa e Sicurezza, nei confronti di quelli del settore privato, anche in funzione delle dichiarazioni del presidente uscente dell’INPS Pasquale Tridico il quale, nel suo discorso di congedo dalla guida dell’Istituto, alla luce del bilancio positivo dell’Ente nel 2022, illustrato nel suo discorso, ha dichiarato la “sostenibilità” del pagamento immediato del TFS agli aventi diritto.