Ecco la verità che si nasconde dietro all’abbandono del tavolo contrattuale

Incremento dirigenziale Istat, è arrivato il decreto tanto atteso (e richiesto da ASPMI).

Riceviamo l’ennesimo attacco gratuito per la nostra decisione – che ricordiamo è la stessa di tutte le Associazioni professionali a carattere sindacale tra militari e dei sindacati delle Forze di Polizia – di restare seduti al tavolo della contrattazione. 

Una decisione che ricordiamo essere motivata dall’attesa per l’incontro con il Presidente del Consiglio, nonché dalla necessità di affrontare la parte normativa contrattuale, unico veicolo che permette di poter innovare il quadro giuridico legato agli istituti come la tutela della genitorialità, Legge n. 104, articolo 42 bis della Legge n. 151 e molto, molto altro .

A muoverli manco a dirlo è l’unica APCSM che invece ha deciso diversamente, abbandonando il tavolo delle trattative e attaccando chi, ragionevolmente, ha scelto semplicemente di seguire la propria missione: rappresentare.

Veniamo accusati di essere “servitori dello Stato” da chi probabilmente ha dimenticato a chi ha prestato giuramento. Ma eccetto questo, è bene fare chiarezza tra la differenza che c’è tra servilismo e consapevolezza del ruolo che ricopriamo e degli obiettivi che possiamo raggiungere.

Ci preme dunque fare chiarezza anche per rispondere a tutti quei colleghi che in queste ore si stanno chiedendo quale dovrebbe essere la decisione migliore per assicurarsi il miglior risultato possibile.

Lo faremo per un’ultima volta, anche perché a differenza di chi parla utilizzando sempre le solite argomentazioni non abbiamo tempo libero da perdere

C’è chi ha scelto, in prossimità delle vacanze estive, di non sedere più al tavolo rinunciando di fatto a rappresentare quei militari che pagano per esserlo, e pertanto in questo momento ha molto tempo da dedicare a insultare la decisione di tutti gli altri sindacati che invece hanno scelto diversamente. Tutti “servi” o semplicemente lucidi? Basti guardare a come si stanno muovendo i sindacati delle Forze di Polizia che sicuramente hanno più esperienza ai tavoli contrattuali.

A pensare male qualche volta ci si indovina: d’altronde, proprio lo stesso sindacato nello stesso periodo dello scorso anno annunciava un periodo di ferie di quasi un mese (dal 7 agosto al 4 settembre per essere precisi); chissà se allora anche ai tesserati è stata “messa a riposo” la delega o se i soldi sono stati comunque sottratti

Personalmente fossimo dei tesserati ce lo chiederemmo, anche perché proprio in quei giorni ASPMI era lì a chiedere divise più consone alla stagione per il personale impiegato nell’Operazione Strade Sicure, un lavoro che proprio in questi giorni sta finalmente ottenendo i riconoscimenti che merita (peccato che chi in quei giorni era in ferie oggi provi a prendersene la paternità, ma andiamo avanti).

Pertanto, dedichiamo altri cinque minuti del nostro prezioso tempo (visto che stiamo duramente lavorando per il raggiungimento delle giuste tutele ai militari e non solo con il rinnovo di contratto) per spiegare cosa sta succedendo alle trattative per il rinnovo e cosa ci aspettiamo di raggiungere.

Le risorse sono poche? Vero, ma si tratta dello stanziamento più alto dal 2008. Come spiegato da un’infografica del Siap Polizia di Stato circolata in queste ore, per gli ultimi rinnovi di contratto le risorse stanziate hanno permesso un aumento del:

  • 3,48% nel triennio 2016-2018;
  • 4,26% nel triennio 2019-2021
  • 5,89% nel triennio 2022-2024

Ora, per quanto si tratti di uno stanziamento importante non troverete alcun sindacato che in queste settimane si è congratulato con il governo per quanto fatto e la ragione è semplice: non è abbastanza, in quanto l’aumento del 5,89% – che ricordiamo è per legge lo stesso per tutti i comparti – va a compensare solo una parte del potere d’acquisto andato perso a causa dell’inflazione.

Bisogna però prendere atto del fatto che sulla parte tabellare quel che è stato dato non verrà incrementato: lo sanno tutti i sindacati ed è per questo che ogni sigla di ogni comparto chiede più soldi per il salario accessorio da stanziare con la legge di Bilancio 2025. 

La prossima manovra sarà in tal senso un appuntamento importante, ma anche qui non è nel nostro modo gettare fumo negli occhi: basta leggere il Documento di economia e finanza dello scorso aprile per rendersi conto delle difficoltà che il Governo troverà con la Legge di Bilancio 2025, quando ai sensi di quanto previsto dal nuovo Patto di Stabilità UE inizierà il piano di restituzione del debito che vincola più di 14 miliardi.

La consapevolezza è importante perché consente di agire nel miglior modo possibile. Anche noi vorremmo che ci fossero 23 miliardi di euro a disposizione, sarebbe tutto più facile: metteremo la firma domani sul contratto e poi in estate tutti a riposo. Non possiamo farlo, perché proprio alla luce delle difficoltà in cui versa tutto il Paese dobbiamo ragionare su come fare per arrivare a un contratto che in ogni caso rappresenti un passo in avanti.

Lo stiamo facendo ad esempio intervenendo sulla parte fissa. Nel dettaglio, per il Graduato c’è un aumento di 130 euro lordi che al netto rischiano di essere 80 euro. ASPMI insieme agli altri sindacati del comparto Difesa e Sicurezza sta cercando di tramutarli, con aggiustamenti sulle voci principali della retribuzione, a 100 euro netti. Pensate che se non c’era nessuno al tavolo a 100 euro ci saremmo arrivati comunque? Probabilmente chi vi racconta altro è perché, come dato più volte prova, ha già dimostrato di non avere conoscenza delle norme.

Siamo pronti a provarlo: confrontiamoci e discutiamo di argomenti seri, di elementi delle retribuzione e di norme del Codice di ordinamento militare. Vediamo chi ha davvero le competenze per sedere a un tavolo tecnico per la contrattazione e chi invece prova solo a giocare al politico di turno facendo teatrini per compensare certe mancanze. Così potrete scegliere voi se preferite farvi rappresentare da chi è esperto in materia o da chi racconta favole.

Ma torniamo al contratto e alla posizione di ASPMI e degli altri sindacati delle Forze Armate e di Polizia. Una volta sistemata la parte fissa della retribuzione dovremo intervenire sull’accessorio ed è lì che dovrà esserci il riconoscimento della specificità al fine che “chi garantisce la sicurezza possa essere messo nelle condizioni di poterlo fare con serietà” (come dichiarato in queste ore da Maurizio Landini, segretario della Cgil).

È il gioco delle parti: ogni sindacato di qualsiasi comparto della PA si aspetta più soldi per intervenire sul salario accessorio, ma non bisogna dimenticare della specificità dei Comparti Difesa e Sicurezza che ci mette in una posizione di prevalenza. Ci aspettiamo quindi che arrivino nuove risorse: alzeremo la voce, batteremo i pugni sul tavolo e siamo persino disposti ad alzarci laddove non fosse così. Ma attenzione, allora sì che avrebbe senso, non adesso solamente perché si ritiene che ci siano “23 miliardi di euro da utilizzare”. Soldi che ribadiamo, non esistono: chi ritiene il contrario a questo punto dovrebbe essere chiamato al Ministero dell’Economia, in modo che sveli finalmente dove trovarli così da risolvere molti problemi del Paese.

Una volta ottenute le risorse per l’accessorio ecco che si potrà lavorare per far sì che l’aumento di stipendio complessivamente sia molto più sostanzioso delle cifre che stanno circolando. Non aspettatevi importi eccezionali ovviamente, non siamo qui per gettare fumo negli occhi solamente per ottenere qualche delega in più. Ma vi assicuriamo che riusciremo a ottenere il miglior risultato possibile con quanto a disposizione. Lavoreremo di notte, nei weekend, ogni momento per assicurare che neppure un centesimo vada sprecato. 

E indovinate chi invece non farà niente di ciò? Chi proclama che “niente” è meglio di “qualcosa”. Chissà se davvero 30 o 40 euro netti – 500 euro in più l’anno – non fanno la differenza.

 Ma poi non capiamo qual è la convenienza di restare seduti al tavolo. D’altronde porre la firma su un contratto che molti colleghi non reputeranno vantaggioso, come la storia insegna, rappresenta un danno di immagine. 

Ripetiamo: sarebbe molto più semplice per noi oggi alzarci e minacciare il Governo, ma sappiamo che ciò recherebbe solamente un danno al personale, anche perché va ricordato che l’Amministrazione può firmare il contratto anche senza il consenso dei sindacati. È questo che vogliamo? Un contratto che non sarà altro che un’occasione persa per poi rimandare al triennio 2025-2027? E se anche lì non arriveranno le risorse desiderate? Ci alziamo di nuovo? Vi sveliamo una dura verità: nessuno stanziamento sarà mai sufficiente a riconoscere l’importanza del lavoro che svolgiamo. Serve quindi fissare gli obiettivi e arrivarci a piccoli passi, lottando su ogni singola norma e trovando le migliori scappatoie per far sì che con i soldi a disposizione si possa raggiungere una maggiore valorizzazione economica.

Anche perché non va trascurata la parte normativa, altro importante banco di prova per le Associazioni. È qui che si parla di tutela della famiglia, di orario e di modalità di lavoro: è qui che ASPMI conta di arrivare a regolare in maniera chiara telelavoro e cloud working ad esempio. Lo chiediamo a voi: quando si parlerà del tempo che dovrete passare insieme ai vostri figli, volete che ci sia qualcuno a lottare per i vostri diritti, qualcuno che sa cosa significa essere un militare, oppure preferite che l’Amministrazione decida da sola perché dall’altra parte c’è chi ha valutato a priori che “non ci sono obiettivi da poter raggiungere”?

 La risposta è scontata, ma la conosce anche chi in questi giorni vi sta dicendo il contrario. Tant’è che vi anticipiamo quali saranno le prossime mosse: dopo aver raccolto qualche tesserato in più, torneranno al loro posto perché consapevoli che altrimenti non potranno assumersi la paternità di quelle misure che verranno approvate con il nuovo contratto. Peccato che a lavorarci siano state quelle Associazioni a cui in questo momento si sta gettando fango solamente per scopi personali.