Nei giorni scorsi il Ministro della Difesa, Guido Crosetto, intervenendo davanti alle commissioni riunite Esteri e Difesa di Camera e Senato ha posto l’attenzione sulla necessità di regolamentare un nuovo modello di reclutamento per le Forze Armate, in particolare per l’Esercito Italiano dove attualmente c’è una notevole carenza di organico oltre alla necessità di uno svecchiamento (oggi appena un terzo del personale ha un’età anagrafica inferiore a 30 anni).
Se davvero questa è l’intenzione del Governo Meloni lo dimostri interpellando le Associazioni professionali a carattere sindacale tra militari che a partire dal prossimo 1 febbraio 2024 prenderanno ufficialmente il posto della Rappresentanza diventando così un importante interlocutore per tematiche afferenti alla creazione di un nuovo modello Difesa (in linea con quanto disciplinato dalla legge n. 119 del 2022).
Il giusto compenso per ogni militare
Come ASPMI abbiamo le idee chiare su cosa serve per far sì che l’Esercito Italiano possa tornare a essere attrattivo, cominciando ovviamente da quella valorizzazione economica che già con il prossimo rinnovo di contratto per il triennio 2022-2024 dovrà essere raggiunta. Una valorizzazione che dovrà necessariamente passare dalla questione degli straordinari, iniziando dall’innalzare il monte orario indennizzabile al lavoratore ed eliminando qualsiasi forma di compenso forfettario – come quello di guardia – in cui si considera ancora il lavoro “passivo” del militare.
Se vogliamo stare al passo con i tempi dobbiamo iniziare a retribuire il personale in maniera adeguata a quello che è il lavoro svolto, altrimenti sarà impossibile reclutare quelle professionalità che tanto servirebbero all’Esercito Italiano in questo momento caratterizzato da un’elevata instabilità sul piano internazionale.
La pensione complementare
Non è possibile che oggi diventare militare, per quanto possa rappresentare un elemento di orgoglio e responsabilità, comporti la rinuncia ad alcuni diritti che altrimenti sarebbero riconosciuti, come ad esempio la possibilità di un fondo per la pensione complementare dove poter scegliere di accreditare il trattamento di fine rapporto così da potersi assicurare un’entrata adeguata una volta che ci sarà il collocamento in quiescenza.
Il diritto di alloggio
Senza dimenticare poi tutte quelle altre componenti che possono innalzare il benessere del personale, iniziando da quel diritto all’alloggio che oggi vede i nostri militari collocati in strutture spesso fatiscenti, con i costi attuali del mercato immobiliare che – specialmente per chi è impiegato nelle regioni del Nord Italia – rendono impossibile il trasferimento presso una struttura privata dove ad esempio portare con sé anche alla famiglia.
Le soluzioni se vogliamo si trovano, iniziando da una maggiore valorizzazione del patrimonio immobiliare pubblico, individuando così delle strutture alternative per riconoscere al militare un alloggio tale da poter effettivamente rappresentare un benefit.
Valorizziamo l’esperienza del militare
E ancora, troviamo un modo per far sì che l’esperienza come volontario dell’Esercito Italiano possa rappresentare oltre che un momento di elevata formazione anche un primo passo per costruirsi una carriera all’interno del mondo del lavoro. Con il nuovo modello di VFI, per ben tre anni un giovane viene adeguatamente formato, trasmettendogli quelle competenze trasversali utili non solo per la carriera militare ma per qualsiasi altro contesto lavorativo: instauriamo rapporti con le aziende controllate dallo Stato, sottoscriviamo accordi che possano favorire il ricollocamento di quelle persone che dopo tre anni di addestramento non vengono confermati o comunque decidono di intraprendere un’altra strada professionale.
Così come questi accordi potrebbero essere d’aiuto per quel personale che ormai in età avanzata non è più utile alla causa militare ma è ancora lontano dal raggiungimento dei requisiti per andare in pensione.
Mancano le risorse? Soluzioni alternative ma funzionali si trovano
La carenza di risorse non può essere un impedimento alla risoluzione di queste problematiche. Il Governo, se solo volesse, avrebbe a disposizione decine di strumenti per far fronte alla carenza di risorse e risolvere comunque i problemi che da tempo come ASPMI abbiamo posto all’attenzione della politica.