Come ben tutti sappiamo, negli ultimi anni i social network e le applicazioni di messaggistica istantanea hanno avuto una diffusione enorme, al punto che praticamente ognuno di noi ne possiede uno o più account. Conseguentemente, la portata lesiva di un post su facebook, di un messaggio su whatsapp o di un video su tik tok è oggi di molto amplificata rispetto a quanto non fosse nel passato! Ecco, quindi, che i contenuti pubblicati on line possano facilmente sfociare nell’“abuso” del diritto di libera manifestazione del pensiero (articolo 21 della Costituzione – per approfondire leggi qui!), esponendo l’autore a responsabilità disciplinare [1] se non, addirittura, ad un vero e proprio processo penale per ingiuria, diffamazione (per approfondire leggi qui!) o vilipendio (per approfondire leggi qui!).
Tanto premesso, la domanda che mi viene spesso fatta è la seguente: come è possibile che adesso debba trovarmi un Avvocato e andare a processo? Ho fatto tutto on line! Non pensavo che …
Ebbene, iniziamo subito col dire che i reati militari di ingiuria e diffamazione si consumano nel mondo virtuale esattamente come nel mondo reale! Non c’è proprio alcuna differenza … anzi, a dire il vero, per il solo fatto di aver diffamato un collega su un social network o all’interno di una chat potreste andare incontro ad una responsabilità penale “aggravata”: difatti, per quanto attiene specificamente al reato militare di diffamazione, “se l’offesa […] è recata per mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, [… come viene oggi pacificamente considerato l’utilizzo dello strumento telematico …] la pena è della reclusione militare da sei mesi a tre anni” che, come vedete, è ben più della “reclusione militare fino ai sei mesi” prevista per l’ipotesi base di cui al primo comma dell’articolo 227 [2] del codice penale militare di pace (CPMP) [3]!
A questo punto che dire … usate il buon senso e, soprattutto quando siete on line, non permettetevi leggerezze che potrebbero costarvi molto caro! Lo ripeto per esser ancora più chiaro: USATE IL BUON SENSO ANCHE QUANDO SIETE ON LINE E NON PERMETTETEVI LEGGEREZZE CHE POTREBBERO COSTARVI MOLTO CARO!
Senza appesantire troppo il discorso (potete infatti trovare on line una miriade di articoli sull’argomento estremamente dettagliati che, sono sicuro, possono togliervi ogni possibile dubbio [4]), cercherò ora di darvi qualche semplicissima indicazione finale per meglio orientarvi su internet. Dato che l’ingiuria on line è di facile comprensione … basta difatti che il messaggio offensivo venga direttamente indirizzato alla vittima con qualsiasi mezzo tecnologico, sia esso una e-mail, una PEC, un messaggio privato, uno “stato” eccetera … mi concentrerò solo su alcune peculiarità del reato di diffamazione per come sono state prese in considerazione dai Giudici: è stata infatti la giurisprudenza … sentenza dopo sentenza … a tracciarne i confini nella rete. Ebbene, considerate che il reato di diffamazione on line può realizzarsi anche:
- con la mera pubblicazione di foto, video, illustrazioni o fotomontaggi;
- con l’invio di una e-mail o di una PEC (per approfondire leggi qui!) a più destinatari, anche in copia nascosta, ovvero ad una sola casella di posta elettronica che sia però condivisa da più soggetti … ricordiamo che perché possa parlarsi di diffamazione è sempre necessaria la presenza di “più persone” (cioè almeno due – per approfondire leggi qui!);
- quando il messaggio diffamatorio sia stato postato in un gruppo “chiuso” di facebook o in una chat di whatsapp. In tal senso, ad esempio, i Giudici amministrativi nel rigettare la domanda di annullamento di un provvedimento disciplinare hanno difatti rilevato che “i social network in particolare Facebook non possono essere considerati come siti privati, in quanto non solo accessibili ai soggetti non noti cui il titolare del sito consente l’accesso, ma altresì suscettibili di divulgazione dei contenuti anche in altri siti. In sostanza, la collocazione di una fotografia o di un testo su Facebook implica una sua possibile diffusione a un numero imprecisato e non prevedibile di soggetti e quindi va considerato, sia pure con alcuni limiti, come un sito pubblico” (TAR Friuli Venezia Giulia, sentenza n. 562 del 2016);
- a carico del titolare di un blog [5] che non elimina i contenuti diffamatori pubblicati da altri e di cui è venuto a conoscenza;
- attraverso l’apposizione di un mero emoticon (cioè una di quelle “faccine” che esprimono un sentimento e che spopolano on line!) o di un semplice “mi piace” al messaggio diffamatorio pubblicato da altri … beh … a dire il vero tale ultimo punto è abbastanza controverso ma sappiate che non mancano casi in cui è stato contestato il concorso nel reato di diffamazione a chi ha apposto un emoticon o un like ad un messaggio dal contenuto diffamatorio o denigratorio.
Un’ultima cosa prima di concludere: che strumenti ha la vittima di ingiuria o diffamazione militare on line per difendersi? Beh, non essendo prevista dal codice penale militare di pace la possibilità per il militare di presentare querela (per approfondire leggi qui!), il militare vittima di diffamazione on line che ritiene di esser stato ingiuriato o diffamato da altro militare (non dimentichiamo infatti che nei reati militari di ingiuria e diffamazione militare sia chi offende che chi viene offeso deve essere un militare [6] – per approfondire leggi qui!) non resta che relazionare l’evento ai Carabinieri, alla Guardia di Finanza o – meglio – al proprio Comandante di corpo affinché, in qualità di Ufficiale di polizia giudiziaria militare, effettui gli adempimenti di competenza (per approfondire leggi qui!) in modo che venga perseguito l’autore del reato militare … anche al fine di veder riconosciute le proprie eventuali pretese risarcitorie! Ovviamente, perché possa essere accordato un risarcimento alla vittima è necessario:
- costituirsi parte civile nel processo penale militare per il tramite di un Avvocato di fiducia (che costa e che è a carico della vittima);
- dimostrare di aver subito un danno dal messaggio diffamatorio;
- attendere la condanna del colpevole che ovviamente avviene solo al termine del processo penale militare (che ha una durata non trascurabile!).
Non bisogna poi dimenticare che:
- il procedimento non di rado viene purtroppo archiviato stante l’impossibilità di risalire al nominativo dell’autore del reato … accade infatti frequentemente che non si riesca a risalire all’IP (Internet Protocol) da cui è partito il messaggio diffamatorio;
- il Giudice penale militare non si pronuncia sempre sul risarcimento nella sentenza di condanna, rendendo conseguentemente necessario andare anche dal Giudice civile per avere il dovuto risarcimento (cioè partendo con una autonoma causa civile, sempre a spese della vittima e che dilata ulteriormente i tempi!)
Che dire, le cose funzionano a grandi linee così … non mi resta dunque che salutarvi, ad maiora!
[1]: sia di corpo che, eventualmente, di stato (per approfondire leggi qui!). In questi casi la responsabilità disciplinare scaturisce di solito dalla violazione del Decreto del Presidente della Repubblica n. 90 del 2010 “Testo unico delle disposizioni regolamentari in materia di ordinamento militare” (cosiddetto TUOM), con particolare riguardo agli articoli:
712 TUOM – Doveri attinenti al giuramento:“1. Con il giuramento di cui all’articolo 621, comma 6, del codice il militare di ogni grado s’impegna solennemente a operare per l’assolvimento dei compiti istituzionali delle Forze armate con assoluta fedeltà alle istituzioni repubblicane, con disciplina e onore, con senso di responsabilità e consapevole partecipazione, senza risparmio di energie fisiche, morali e intellettuali affrontando, se necessario, anche il rischio di sacrificare la vita. 2. L’assoluta fedeltà alle istituzioni repubblicane è il fondamento dei doveri del militare”;
713 TUOM – Doveri attinenti al grado:“1. Il grado corrisponde alla posizione che il militare occupa nella scala gerarchica. 2. Egli deve astenersi, anche fuori servizio, da comportamenti che possono comunque condizionare l’esercizio delle sue funzioni, ledere il prestigio dell’istituzione cui appartiene e pregiudicare l’estraneità delle Forze armate come tali alle competizioni politiche, fatto salvo quanto stabilito dall’articolo 1483 del codice. 3. Il militare investito di un grado deve essere di esempio nel compimento dei doveri, poiché l’esempio agevola l’azione e suscita lo spirito di emulazione”;
717 TUOM – Senso di responsabilità:“1. Il senso di responsabilità consiste nella convinzione della necessità di adempiere integralmente ai doveri che derivano dalla condizione di militare per la realizzazione dei fini istituzionali delle Forze armate”;
719 TUOM – Spirito di corpo:“1. Lo spirito di corpo è il sentimento di solidarietà che, fondato sulle tradizioni etiche e storiche del corpo, deve unire i membri di una stessa unità al fine di mantenere elevato e accrescere il prestigio del corpo cui appartengono. 2. Particolare impegno deve essere posto nell’illustrare la storia e le tradizioni del corpo ai militari che ne entrano a far parte. 3. Lo spirito di corpo, pur essendo fonte di emulazione tra le unità, non deve però intaccare lo spirito di solidarietà tra tutti i componenti delle Forze armate”;
720 TUOM – Uniforme:“[…] 5. L’uso dell’uniforme è vietato al militare: a) quando è sospeso dall’impiego, dal servizio o dalle funzioni del grado; b) nello svolgimento delle attività private e pubbliche consentite”;
721 TUOM – Dignità e decoro del militare:“1. L’aspetto esteriore del militare deve essere decoroso, come richiede la dignità della sua condizione e deve comunque essere tale da consentire il corretto uso dei capi di equipaggiamento previsti”;
722 TUOM – Doveri attinenti alla tutela del segreto e al riserbo sulle questioni militari:“1. Il militare, oltre a osservare scrupolosamente le norme in materia di tutela del segreto, deve:
a) acquisire e mantenere l’abitudine al riserbo su argomenti o notizie la cui divulgazione può recare pregiudizio alla sicurezza dello Stato, escludendo dalle conversazioni private, anche se hanno luogo con familiari, qualsiasi riferimento ai suddetti argomenti o notizie;
b) evitare la divulgazione di notizie attinenti al servizio che, anche se insignificanti, possono costituire materiale informativo;
c) riferire sollecitamente ai superiori ogni informazione di cui è venuto a conoscenza e che può interessare la sicurezza dello Stato e delle istituzioni repubblicane, o la salvaguardia delle armi, dei mezzi, dei materiali e delle installazioni militari”;
732 TUOM – Contegno del militare:“1. Il militare deve in ogni circostanza tenere condotta esemplare a salvaguardia del prestigio delle Forze armate. 2. Egli ha il dovere di improntare il proprio contegno al rispetto delle norme che regolano la civile convivenza. In particolare deve: a) astenersi dal compiere azioni e dal pronunciare imprecazioni, parole e discorsi non confacenti alla dignità e al decoro; b) prestare soccorso a chiunque versi in pericolo o abbisogni di aiuto; c) consegnare prontamente al superiore o alle autorità competenti denaro o cosa che ha trovato o che gli sono pervenuti per errore; d) astenersi dagli eccessi nell’uso di bevande alcoliche ed evitare l’uso di sostanze che possono alterare l’equilibrio psichico; e) rispettare le religioni, i ministri del culto, le cose e i simboli sacri e astenersi, nei luoghi dedicati al culto, da azioni che possono costituire offesa al senso religioso dei partecipanti […]”;
733 TUOM – Norme di tratto:“1. La correttezza nel tratto costituisce preciso dovere del militare. 2. Nei rapporti, orali o scritti, di servizio tra militari di grado diverso deve essere usata la terza persona […]”;
746 TUOM – Uso dell’abito civile: “[…] 3. Il militare in abito civile non deve indossare alcun distintivo o indumento caratteristico dell’uniforme”.
[2]: art. 227 CPMP – Diffamazione:“il militare, che, fuori dei casi indicati nell’articolo precedente, comunicando con più persone, offende la reputazione di altro militare, è punito, se il fatto non costituisce un più grave reato, con la reclusione militare fino a sei mesi. Se l’offesa consiste nell’attribuzione di un fatto determinato, o è recata per mezzo della stampa o con qualsiasi altro mezzo di pubblicità, ovvero in atto pubblico, la pena è della reclusione militare da sei mesi a tre anni. Se l’offesa è recata a un corpo militare, ovvero a un ente amministrativo o giudiziario militare, le pene sono aumentate”.
[3]: ovviamente, il solo fatto che la pena vada dai sei mesi ai tre anni di reclusione militare preclude al Comandante di corpo di poter eventualmente richiedere (o meno) il procedimento ai sensi dell’art. 260 CPMP (per approfondire leggi qui!). Ciò significa, in poche parole, che al 100% dovrete affrontare un procedimento penale!
[4]: peraltro gli Stati Maggiori/Comandi Generali hanno pubblicato negli ultimi anni numerose direttive sull’argomento. In tale contesto, degna di menzione è a mio parere la pubblicazione “Linee guida per l’uso consapevole dei social network e trattazione sul web di materie istituzionali” (SMD – UGAG – 003/2019) dello Stato Maggiore della Difesa che è facile da reperire in rete ed offre un buon inquadramento generale della materia.
[5]: fermo restando che il titolare di un blog non è equiparato al Direttore di un giornale!
[6]: ovviamente, se l’autore del reato di ingiuria o diffamazione non è un militare, il militare-vittima potrà presentare una comune denuncia-querela (come un qualsiasi altro cittadino – per approfondire leggi qui!) all’Autorità giudiziaria ordinaria (ovvero alla Polizia giudiziaria) affinché si proceda ai sensi degli articoli 594 e 595 del codice penale “comune”.
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