Perché alzarsi dal tavolo contrattuale in questo momento danneggia i propri tesserati

Fonte: Pixabay.com

Nel contesto delle trattative per il rinnovo di contratto del triennio 2022-2024, abbandonare il tavolo contrattuale appare come un gesto plateale e populista che, sebbene possa attirare l’attenzione del personale, non rappresenta un atto di tutela dei propri tesserati

Piuttosto, questo comportamento dimostra una mancanza di responsabilità da parte del sindacato che lo adotta.

La necessità di una rappresentanza consapevole

Quando un sindacato abbandona il tavolo della contrattazione, in realtà sta decidendo di non rappresentare più i propri iscritti nel prosieguo delle trattative. Pertanto, questo gesto non favorisce i lavoratori, senza trascurare poi che si tratta di un atto che parte da considerazioni tecnicamente errate. Ad esempio, la recente richiesta di aumentare l’incremento previsto per la parte fissa delle retribuzioni è una mossa irrealizzabile, poiché tale incremento, fissato al 5,89%, è determinato centralmente dall’Aran e deve essere uguale per tutti i comparti della Funzione Pubblica. Per questo motivo non è trattabile.

La vera sfida è piuttosto come distribuire al meglio le risorse disponibili per ottenere il massimo aumento possibile per i militari. In questo contesto, ASPMI e altre sigle sindacali stanno lavorando per garantire che le risorse vengano allocate nel modo più efficace tra tabellare e indennità pensionabile. Siamo partiti da un aumento lordo di 130 euro per il livello base, e stiamo lavorando per convertirlo in 100 euro netti (anziché 80 euro) per il Graduato, attraverso aggiustamenti sulle voci principali della retribuzione. 

Il che non va visto come un atto di arrendevolezza, quanto piuttosto di una dimostrazione di conoscenza delle regole di contrattazione, che esistono da prima della nascita dei sindacati militari. Tuttavia, alcune Associazioni sembrano non aver compreso queste regole o, peggio ancora, sfruttano il clamore mediatico dell’abbandono del tavolo per poi attribuirsi i meriti dei risultati che verranno raggiunti grazie alle sigle rimaste a contrattare.

D’altronde, tutte le sigle sindacali delle Forze Armate e Forze di Polizia a ordinamento militari, come pure i sindacati delle forze di Polizia a ordinamento civile che sono molto più rappresentative di noi, stanno procedendo con le trattative. Una voce nel deserto che non serve a nulla, anzi. 

Dobbiamo quindi rivolgere un appello ai militari: non credete alle ragioni di chi sostiene che l’abbandono del tavolo sia dovuto all’impossibilità di ottenere risultati con le risorse a disposizione. Probabilmente, sono queste associazioni che non sanno come procedere e di conseguenza nascondono la loro ignoranza con gesti plateali. Gli eventi della scorsa settimana, che hanno lasciato sgomenti persino i tecnici presenti, dimostrano che non era né il momento né il modo per abbandonare le trattative.

Queste cosa vanno dette, al costo di farci qualche nemico. Perché pensiamo a quelle famiglie monoreddito dove i militari stanno togliendo soldi dal loro portafoglio per sovvenzionare chi di fatto ha deciso di non tutelarli abbandonando un tavolo che indipendentemente dal messaggio che si vuole far passare potrebbe portare respiro ai tanti problemi. 

Invece è stato scelto di abbandonarlo: ma non è che lo si sta facendo per problemi personali, infischiandosene dei diritti dei propri iscritti? Non sarebbe neppure la prima volta d’altronde, come la storia dimostra. Come ASPMI siamo perfino disposti a tirare giù dal nostro archivio per raccontare quanto già successo in passato con gli stessi protagonisti.

Perché è importante andare avanti nella contrattazione

Il contratto può ancora essere migliorato e, anzi, è proprio in questi momenti che si vede l’importanza delle associazioni sindacali. Vi sono molti aspetti ancora da discutere, come il salario accessorio e la parte normativa. Con le risorse a disposizione, si possono raggiungere traguardi importanti come l’estensione della licenza straordinaria fino ai 12 anni del figlio o il telelavoro per una maggiore flessibilità. Non erano proprio queste sigle a promettere che con il rinnovo del contratto si sarebbe arrivati alla settimana corta? Ora invece abbandonano la nave prima che arrivi in porto, cercando di dare la colpa a chi, nel pieno rispetto del proprio mandato, continua a lottare su ogni norma a tutela del personale.

Un impegno comune (con poche eccezioni)

Ci preme sottolineare che questo impegno non è solo di ASPMI, ma di tutte le Associazioni professionali a carattere sindacale tra militari che, nel rispetto dei propri tesserati, non si stanno tirando indietro. Ed è bene sottolineare che si tratta della gran parte: possibile che tutte queste siano in torto, non rendendosi conto di quanto invece sarebbe più conveniente abbandonare le trattative? 

Ovviamente non è così: la mancata partecipazione al tavolo rappresenta un danno per tutti, anche perché ricordiamo che volendo l’Amministrazione può rinnovare anche senza il consenso delle APCSM. 

Per anni si è lottato per raggiungere un tale traguardo, e ora si abbandona alla prima difficoltà? Questo comportamento tradisce la fiducia dei militari, sfruttando per scopi personali la non conoscenza delle regole di contrattazione da parte di alcuni militari.  

Alzarsi dal tavolo significa non avere a cuore le famiglie, i figli e l’aspetto giuridico legato alla tutela della genitorialità e alle leggi speciali come la 104, la 42 bis e la 267. I lavoratori che pagano questi sindacati devono capire che questi atteggiamenti danneggiano la possibilità di discutere seriamente delle problematiche quotidiane. È necessario lottare fino alla fine, discutendo di tutti gli argomenti necessari per migliorare la vita lavorativa. 

Bisogna lottare fino alla fine

ASPMI, restando al tavolo, lotta per norme a tutela della famiglia, e se queste proposte diventano legge, i benefici si applicano a tutto il personale, anche a quello rappresentato da sindacati che hanno abbandonato. Rimanere al tavolo delle trattative è l’unico modo per rappresentare veramente i propri tesserati, lavorando per ottenere il massimo dalle risorse disponibili e garantire un futuro migliore a tutto il personale. Almeno per quei sindacati che hanno la competenza e i contenuti per farlo.