Come sappiamo, il militare temporaneamente non idoneo al servizio per motivi di salute, una volta superati i normali periodi di riposo medico domiciliare (ovverosia i 45 di licenza straordinaria previsti annualmente), viene posto in aspettativa per infermità temporanea. Tanto premesso, la domanda che spesso mi viene fatta è: qual è il periodo massimo di aspettativa previsto per i militari e, soprattutto, cosa accade se tale periodo viene superato? Per rispondere alla prima domanda basta leggere l’articolo 912 del Decreto legislativo n. 66 del 2010 “Codice dell’ordinamento militare” (cosiddetto COM) titolato proprio “durata dell’aspettativa”. Ebbene, sulla base di tale articolo “i periodi di aspettativa per infermità e per motivi privati non possono superare cumulativamente la durata di due anni in un quinquennio (ovverosia 365 gg. x 2 = 730 gg. totali), anche in caso di trasferimento dall’una all’altra aspettativa”. Se poi si supera tale tetto di 2 anni di aspettativa nel quinquennio, si cessa automaticamente dal servizio permanente … sic et simpliciter!
N.B. Preciso che quanto detto finora (nonché la possibilità di transitare nei ruoli civili – per approfondire leggi qui!), prescinde totalmente dal fatto che l’infermità sia stata o meno riconosciuta dipendente da causa di servizio (fate molta attenzione a questo aspetto perché non è minimamente da sottovalutare!).
Riprendendo il nostro discorso, l’articolo 929 del COM stabilisce poi che il militare “cessa dal servizio permanente ed è collocato, a seconda dell’idoneità, in congedo, nella riserva o in congedo assoluto, quando:
a) è divenuto permanentemente inidoneo al servizio incondizionato (e quindi anche prima dello scoccare dei 2 anni);
b) non ha riacquistato l’idoneità allo scadere del periodo massimo di aspettativa per infermità temporanea;
c) è giudicato non idoneo al servizio incondizionato dopo che, nel quinquennio, ha fruito del periodo massimo di aspettativa e gli sono state concesse le licenze spettantegli”.
Un’ultima cosa prima di concludere: come si conteggia il “quinquennio” (cosiddetto mobile) a cui fa riferimento la normativa appena richiamata? Semplice, si contano tutti i giorni di aspettativa fruiti, procedendo a ritroso per 5 anni a partire dalla data dell’ultimo giorno di aspettativa … ovviamente, il risultato deve essere inferiore a 730 giorni (cioè 2 anni) che, come abbiamo visto, è il limite massimo superato il quale si cessa automaticamente dal servizio ai sensi dell’articolo 929 del COM. Se poi l’aspettativa non è continua ma, come spesso accade, frazionata in più periodi, è ovvio che il quinquennio debba necessariamente spostarsi in avanti con lo scorrere del tempo (ecco perché viene appunto definito “mobile”). Proviamo a fare un esempio … armatevi di calendario, carta e penna … fatto? Bene … supponiamo che oggi, 13 agosto 2021, venga posto in aspettativa per 60 giorni (aspettativa scadente quindi l’11 ottobre 2021) e che nel quinquennio precedente abbia già fruito di 620 giorni totali di aspettativa (conteggio effettuato a ritroso a partire dall’11 ottobre 2016) … beh, non ci sono grossi problemi perché al termine dei 60 giorni, cioè il 12 ottobre 2021, non avrò ancora superato il limite dei 730 giorni (difatti 620 gg. + 60 gg. = 680 gg.). Anche se poi, al termine dei 60 giorni (cioè dal 12 ottobre 2021 in poi), dovessi avere ancora dei problemi di salute, non devo preoccuparmi più di tanto perché potrò comunque fruire di ulteriori 50 giorni di aspettativa prima di superare il limite dei 730 giorni previsti (infatti 730 gg. – (620 + 60) gg. = 50 gg.). Vediamo ora come il “quinquennio” si muove nel tempo … beh, tornando al nostro esempio, supponiamo che nel quinquennio preso in considerazione, a prescindere dagli ultimi giorni di aspettativa (cioè i 60 gg. dal 13 agosto 2021 all’11 ottobre 2021), io abbia dunque fruito di 620 giorni di aspettativa (60 gg. dal 1 dicembre 2016 al 29 gennaio 2017 ed i restanti 560 gg. in un’unica soluzione dal 22 agosto 2017 al 4 marzo 2019). Tanto premesso, come abbiamo visto, allo scadere degli ultimi 60 gg. di aspettativa (cioè dal 12 ottobre 2021) mi rimarranno ulteriori 50 giorni da fruire prima di arrivare al limite dei 730 giorni previsti. Ma quanto detto è vero sino al 1 dicembre 2021 perché, successivamente, il “quinquennio” inizierà a spostarsi in avanti nel tempo … a muoversi insomma! Mi spiego meglio, se avessi degli ulteriori problemi di salute in data successiva al 1 dicembre 2021, ai 50 giorni di cui parlavamo se ne aggiungono altri perchè il “quinquennio” si è spostato avanti: già dal 30 gennaio 2022 avrò a difatti disposizione altri 60 giorni di aspettativa da poter fruire (ulteriori rispetto ai 50 gg. iniziali a cui facevamo riferimento poco sopra) e questo perchè i 60 gg. di aspettativa fruiti dal 1 dicembre 2016 al 29 gennaio 2017 non dovranno più essere conteggiati in quanto usciti dal “quinquennio” da prendere in considerazione (il “quinquennio” si infatti spostato in avanti nel tempo!). Difficile? A parole forse può sembrare, ma vi assicuro che è tutto molto più semplice di quanto possa apparire al punto che, se proprio non volete disturbare un Avvocato o un consulente del lavoro per farvi fare i calcoli, potete agevolmente chiedere al vostro ufficio personale … è un calcolo relativamente agevole da fare!
Sperando di esser stato sufficientemente chiaro, vi consiglio come sempre di mettervi in contatto con un professionista del settore (Avvocato, consulente del lavoro o medico legale), non altro perché quella dell’aspettativa per infermità è una materia scivolosa, piena di insidie che come abbiamo visto possono addirittura arrivare a farci perdere il posto, nonché comportare significative decurtazioni stipendiali (per approfondire leggi qui!).
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