Dopo un lungo confronto tra ASPMI e le Amministrazioni, sembra concludersi – positivamente – la questione dell’ammontare della quota sindacale.
Come appena ufficializzato dal ministero dell’Economia e delle Finanze – Direzione Sistemi Informativi e dell’Innovazione – infatti, “a seguito dello spacchettamento delle voci afferenti l’indennità operativa di base e della maggiorazione” è adesso possibile effettuare il calcolo corretto del contributo sindacale, in quanto Noipa potrà escludere la maggiorazione.
Una battaglia lunga e tortuosa, che ha visto ASPMI combattere su ogni fronte per tutelare la posizione dei propri iscritti. Persino non incassando i contributi sindacali, come invece fatto da altre sigle, fino a quando non si arrivasse a una soluzione soddisfacente.
A tal proposito, per capire qual è l’importanza del messaggio appena inviato dal Mef, ripercorriamo le tappe di questo percorso che ha visto ASPMI impegnato in prima linea.
Contributo sindacale, qual è la “voce stipendio”?
La questione del contributo sindacale ha inizio da gennaio 2023, quando ASPMI ha ottenuto l’assenso per l’iscrizione all’albo ministeriale delle sigle sindacali. Un passaggio fondamentale, al quale è seguita la richiesta a Noipa del cosiddetto codice meccanografico, così che anche il portale che gestisce gli stipendi dei dipendenti pubblici ci potesse riconoscere come “associazione sindacale”.
A questo punto a Noipa bisognava dare informazione in merito alla quota del contributo sindacale, così che questa – per ogni nuovo iscritto al sindacato – potesse procedere alla trattenuta dell’importo necessario.
La legge n. 46 del 28 aprile 2022 stabilisce che la trattenuta sindacale per essere riconosciuta come tale deve avere almeno lo 0,50% della “voce stipendio”. Ed è qui che sorge il problema: com’è ovvio, infatti, senza ulteriori specifiche sarebbe stato impossibile individuare quali sono le componenti che ne fanno parte, anche perché le varie interpretazioni potrebbero essere differenti le une dalle altre.
Neppure il decreto ministeriale del 22 luglio dello stesso anno è però servito a fare chiarezza a riguardo, anzi se possibile è riuscito persino a peggiorare la situazione: qui, infatti, c’è scritto che spetta alle voci sindacali “determinare la voce stipendio”.
Anziché chiarire una volta per tutte quali componenti del cedolino sono comprese nella voce stipendio, il ministero ha quindi generato ulteriore confusione, di fatto ritardando le tempistiche per la quantificazione delle relative quote e ritardando l’avvio delle attività sindacali.
Alla ricerca di una soluzione che accontentasse tutti
Va detto che fatto presente il problema il ministero si è impegnato per trovare una soluzione che potesse accontentare tutti, specialmente preso atto delle ragioni per cui non era possibile che fossero i sindacati a specificare le singole voci della componente stipendiale.
Infatti, i sindacati avrebbero potuto compiere questo lavoro, anzi lo avrebbero fatto facendo in modo che gli iscritti potessero pagare il meno possibile, ma con il rischio di non ottenere il via libera da parte della Funzione pubblica. E in tal caso – ossia laddove le voci stipendiali non avessero ottenuto il consenso fondamentale della Funzione pubblica, ad esempio perché inferiori a quelle già previste per Arma dei Carabinieri e Guardia di Finanza – si sarebbe corso il rischio del mancato conteggio delle suddette deleghe.
La battaglia di ASPMI
Da qui inizia la battaglia di ASPMI che ha sollecitato più volte i ministeri interessati – Pubblica amministrazione, Difesa ed Economia e Finanze – affinché si trovasse una soluzione partendo da quanto spiegato da Noipa nel momento della consegna del suddetto codice meccanografico, ossia che il calcolo del contributo sindacale, nella misura dello 0,5%, sarebbe stato “effettuato sull’importo imponibile”.
Calcolare la quota sull’importo imponibile, quindi sull’intera retribuzione, avrebbe infatti generato un problema che questa sigla sindacale ha voluto fortemente evitare, ossia che ci fossero degli iscritti che – pur a parità di grado e qualifica – avrebbero pagato di più rispetto ad altri.
Questo perché nell’imponibile non è compresa solamente la parte fissa della retribuzione ma anche altre voci la cui misura può variare a seconda delle circostanze: ad esempio, c’è chi ha un’operativa di supercampagna al 150%, chi al 160% e chi al 185%. E ancora: trascinamento, indennità di paracadutismo, indennità di volo, indennità di imbarco.
A parità di grado, quindi, si sarebbe venuta a creare la situazione per cui non tutti pagano lo stesso importo di contributo sindacale, il che era ed è inaccettabile per ASPMI visto che non può passare il principio per cui la tutela sindacale varia in base a chi paga di più.
Per questo motivo è stato fatto subito appello al ministro Crosetto, nonché a tutti gli altri ministeri interessati, chiedendo una risposta rapida. Anche perché fino a quel momento ASPMI non avrebbe applicato la quota sindacale nelle buste paga degli iscritti.
Una richiesta che ha visto da subito l’appoggio delle istituzioni interessate, con l’avvio di un confronto con cui individuare la migliore soluzione possibile. A tal proposito, il ministro della Difesa – supportando la presa di posizione del nostro sindacato – ha sottolineato la necessità di individuare un modo per calcolare il contributo senza che ci fossero differenze tra personale dello stesso grado, anche tra Forze Armate.
Obiettivo raggiungibile solo individuando delle voci stipendiali uguali per tutti. Di fatto il problema, come visto sopra, riguardava l’operativa, vista la differenza di voci – e d’importo – presente tra i vari comparti e in alcuni casi anche nello stesso.
La soluzione pensata da ASPMI
Per questo motivo ASPMI ha suggerito di considerare solamente l’operativa di base, escludendo tutte quelle voci che possono far variare l’importo tra i pari grado. In questo modo, considerando che si tratta di un importo uguale per tutti, anche il contributo sindacale sarebbe stato lo stesso.
Ne è però sorto un ulteriore problema: come risposto da Noipa, infatti, non era possibile effettuare una distinzione tra operativa di base e le altre voci, visto che il dato inviato dal Centro unico stipendiale è complessivo, senza quindi alcuna possibilità di effettuare uno spacchettamento.
Un’impasse che è stata risolta grazie alla comprensione del Centro unico stipendiale, in particolare del CRA (Centro responsibilità amministrativa), che ci è venuto incontro impegnandosi a inviare a Noipa il dato spacchettato, distinguendo quindi l’operativa di base dalle altre componenti correlate. Ed è per questo motivo che da maggio 2023 le buste paga delle Forze Armate sono cambiate, grazie appunto al lavoro di ASPMI che ha ottenuto la suddivisione dell’operativa in due distinte voci, comprendendo solo quella di base nella “voce stipendio” sulla quale viene applicato lo 0,50% del contributo sindacale.
Su quale parte dello stipendio si calcola il contributo sindacale?
Un passaggio fondamentale perché – come ufficializzato dal ministero dell’Economia con la circolare di cui vi abbiamo parlato a inizio articolo – adesso Noipa potrà effettivamente calcolare la quota dovuta, considerando le seguenti voci stipendiali:
- parametro;
- assegno pensionabile;
- indennità operativa di base.
Una svolta importante che rappresenta l’ennesima battaglia di principio vinta da ASPMI che – sottolineiamo – per tutto questo periodo ha preferito non incassare quanto sarebbe spettato pur di non fare un torto al personale.
La convenienza del contributo ASPMI
Il tutto a differenza delle altre sigle sindacali che invece hanno applicato lo 0,50% sull’intero imponibile. Ed è proprio per questo motivo che questa sigla sarà quella in cui si pagherà il contributo più basso: un prezzo che paghiamo volentieri, perché nel frattempo garantiamo il principio che dovrebbe essere proprio di ogni sindacato, ossia tutelare tutti facendo sì che “paghino il minimo sindacale”.