Siete in tanti a chiederci un parere in merito all’iniziativa di alcuni avvocati che propongono un ricorso al Tribunale Amministrativo Regionale, per il concorso straordinario per il ruolo dei marescialli, indetto ai sensi dell’art. 2197-ter del D.Lgs n.66 del 2010, più conosciuto come “Concorso riservato al personale arruolato ai sensi della Legge n. 958 del 1986”.
Cominciamo chiarendo che un ricorso al TAR è un ricorso amministrativo esperibile da soggetti, generalmente entro 60 giorni dalla notifica di un atto amministrativo, quando si ritiene che il medesimo atto possa ledere un interesse legittimo.
Nel caso in cui il TAR accerti l’illegittimità dell’atto, questo viene modificato, revocato o annullato dal tribunale.
Si può adire al TAR, inoltre, anche per tutelare una posizione giuridica soggettiva cioè la posizione giuridica di vantaggio che spetta ad un soggetto in ordine ad un bene, nonché la tutela giuridica dello stesso in modo pieno ed immediato.
Generalmente, in maniera sintetica, i vizi che determinano l’illegittimità dell’atto amministrativo si dividono in tre categorie: incompetenza relativa, eccesso di potere e violazione di legge.
Premettiamo che presso il TAR si impugnano i provvedimenti, gli atti della Pubblica Amministrazione, inclusi i bandi, e non le leggi emanate dal legislatore.
La fonte di legge da cui nasce il concorso straordinario per marescialli è estremamente chiara, in quanto sancisce che il concorso è riservato non a tutti, ma solo ad alcuni militari (1° e 2° corso Sergenti e 1° 2° e 3° corso VSP) arruolati ex Legge 958/86 e pertanto non lascia alcun margine interpretativo e, al lettore attento, non sfuggirà che il bando in questione per l’arruolamento straordinario dei marescialli riservato al personale (non a tutti!) arruolato ai sensi della Legge 958/86 ricalca esattamente e pedissequamente quanto prevede la legge.
Quindi, a seguito di quanto detto, ci chiediamo e “vi chiediamo”: come dovrebbe essere impugnato il bando di concorso?
Aggiungiamo, inoltre, che le tre proposte di ricorso presentate appaiono scarne di motivi di diritto e descrivono invece motivi cosiddetti di pancia.
Non è chiaro cosa si intenda impugnare in punta di diritto, quale atto o quale dispositivo dell’atto; emerge invece, una generica aspettativa ad un risarcimento dei danni e ad una ricostruzione di carriera ma senza fondamenta giuridiche che legittimerebbe ogni militare, ivi compresi i vfp1, ad esperire un ricorso ritenendo di dover ottenere un risarcimento del danno o una ricostruzione di carriera per mancanza di opportunità, magari fino al grado di colonnello e, perché no, Generale!
Una simile e infondata pretesa giuridica non farà nient’altro che alimentare divisioni e malcontento all’interno delle Forze Armate.
In un contesto serio ed istituzionale dovrebbero prevalere il senso di responsabilità, la serietà, la competenza, valori fondanti dell’attività sindacale.
Finché prevarranno logiche legate al mero denaro saranno posti a rischio sia i baluardi istituzionali sia le aspettative del personale che si vedrà, ignaro, essere risucchiato in logiche di mercato invece di essere rappresentato e tutelato come professionista militare.